La Ferrari, un marchio automobilistico molto caro agli appassionati. Anche in F1, dove adesso verranno prese scelte forti.
Forse nove o dieci libri non basterebbero per spiegare il mito Ferrari, l’azienda Ferrari, il marchio Ferrari. Il cavallino rampante è da ormai oltre settant’anni un brand di spicco dell’automobilismo mondiale. E non solo, dato che soltanto per il nome che porta si tratta di una delle società più rinomate e importanti al mondo, al pari di altri fenomeni societari quali Apple e Coca Cola – se non meglio – a testimonianza di quanto a Maranello siano riusciti a fare per regalare un sogno chiamato automobile – rigorosamente rossa – a tutto il mondo.
Più e più volte lo ha certificato anche in Formula Uno, vincendo, dominando e avendo successo. Impossibile dimenticare l’epopea Schumacher, difficile scordare il pilota – eroe Niki Lauda e semplicemente da pazzi non togliersi il cappello pensando ad Ascari e Fangio. Ma siccome la storia non si riflette sul futuro, e in Formula Uno il titolo mondiale manca dal magico 2007 di Kimi Raikkonen, questi traguardi appaiono da troppo tempo sbiaditi. Ed a proposito, cambiamenti in vista nel reparto corse Ferrari: Mattia Binotto sembra vicino all’addio.
Mattia Binotto, addio alla Ferrari? I motivi della possibile separazione
Tanta storia per la Ferrari. Che le più giovani generazioni però possono vivere soltando con dozzine di scatti e decine di video, dato che in Formula Uno il cavallino rampante manca all’appello mondiale da oltre 15 anni. E adesso, pure Mattia Binotto sembra ad un passo dall’addio. Ma quali sono i motivi? Molteplici, secondo il Corriere dello Sport. A partire da Mick Schumacher, fortemente voluto da Mattia Binotto, pare, e bocciato dopo due stagioni. Lui che non ha il talento del padre, cosa permessa a pochi piloti nella storia, ma poteva e può assolutamente crescere.
Ma non ci sarà nel 2023. Rifiutato anche il ritorno in F1 di Antonio Giovinazzi, che non ha mai convinto – di certo lo schianto nelle prove libere ad Austin dopo sette minuti dall’inizio della sessione non lo hanno aiutato. E poi c’è Robert Shwartzman, il talento russo-israeliano campione di Formula 3 e vicecampione di F2 che non ha avuto le chanche in cui sperava. Tutti nomi su cui Binotto puntava e punta molto, ma che non hanno avuto possibilità di emergere. Questo, nonostante fra Binotto e soprattutto il team Haas i rapporti siano idilliaci. Com’è possibile l’ingaggio di Nico Hulkenberg, allora? A quanto pare, Frédéric Vasseur – team principal Alfa Romeo – ha spinto la scuderia americana a ingaggiare il tedesco. Guarda caso, l’uomo più chiacchierato del momento per sostituire Binotto.
Addio Binotto, svolta o ennesimo capro espiatorio? La storia parla chiaro
Specifichiamo che non è stato ancora deciso nulla in Ferrari per quanto riguarda il 2023, almeno sul piano dei ruoli chiave dell’azienda. Ma questi forti, pressanti e continui rumors su Mattia Binotto, potrebbero significare ennesima rivoluzione per il cavallino rampante. Quella che adesso noi ci chiediamo, però, è la seguente questione: Mattia Binotto via dalla rossa è la svolta per la scuderia o l’ennesimo capro espiatorio? Qui, proprio su questo punto, sta tutto il futuro del reparto corse tanto blasonato. Perché Binotto poteva fare di più. Vero. Come Arrivabene. Come Domenicali. E come tutti quelli che avevano fallito l’obiettivo mondiale (prima e dopo Jean Todt, s’intende). Ci avevano spiegato Che anche Sebastian Vettel e Fernando Alonso fossero il problema.
E ancora oggi, ci viene detto e ripetuto del blasone ferrarista. Perché il secondo è il primo dei perdenti, ma a conti fatti in Ferrari non arrivano vittorie iridate dal primo decennio del 21° secolo. La sensazione, quasi palese ma senz’altro preoccupante, è che oltre a non saper perdere la Ferrari non ha più neanche lontanamente la minima idea di come si vince. Probabilmente caduta nel mega trappolone del blasone eterno e della storia irraggiungibile. Se i risultati non raccontano mai tutto, comunque, dicono sempre tanto. E se nemmeno con Vettel ed Alonso sono arrivati successi, se al momento pure un fuoriclasse generazionale quale è Charles Leclerc non ha ancora vinto niente, la colpa non è e non può essere solo di Binotto. A sensazione, nemmeno di Arrivabene e Domenicali. Non se vincono sempre gli altri, e pure ripetutamente.
La Ferrari però evidentemente non ha la pazienza giusta per tornare al successo. Perché non sono le volate a regalare le gioie più speciali, consistenti e sostanziali. Mercedes e Red Bull lo certificano. Bensì, i progetti a lungo termine, i fallimenti che fanno male e gli errori da non ripetere. Soprattutto quelli. Che però a Maranello forse non sono contemplati. Perché il secondo è il primo dei perdenti. Detto da Enzo Ferrari e citato di recente dall’AD Benedetto Vigna.
Anche se, a perdere in quasi due decenni, è stata soprattutto Ferrari. Specialmente ‘dentro gli spogliatoi’. Perché le gare le vincono i fuoriclasse ma il successo vero arriva dalle braccia e dalle menti degli uomini e delle donne. Questo, i vertici maranelliani, non lo diranno mai. Perché riflettere sugli errori e capire con trasparenza quanto (non) è stato fatto, è una virtù di pochi. Insomma, per il momento è colpa di Binotto. Vedremo che ne sarà del prossimo condannato dalla mai colpevole inquisizione Ferrari. Intanto, come solo le aziende italiane vecchio stampo sanno fare, fuori uno: augurissimi al prossimo, ne avrà bisogno.