La casa di moda che “ci ha provato” in Formula Uno | Se solo avessero letto il regolamento

Nessuno ricorda questo nome legato al mondo della moda quando si parla di automobilismo sportivo…nonostante la casa di abbigliamento sia andata molto vicina a debuttare in Formula Uno. Ecco come.

Specialmente in un paese come il nostro dove il binomio abiti costosi e motori è particolarmente apprezzato, l’idea di una casa di moda che si mette a produrre automobili…non è esattamente aliena. Un marchio molto famoso è andato oltre ed ha aperto la sua scuderia di Formula Uno prima che succedesse qualcosa di assurdo. Ecco come abbiamo quasi avuto una monoposto “griffata” in pista.

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Ci sono andati vicinissimi (Canva)

Binomio vincente

Generalmente parlando, i brand di alta moda si mischiano in due modi con quelli del mondo delle auto: o con collaborazioni esclusive che fanno la felicità dei collezionisti legati a questo tipo di operazioni commerciali o sponsorizzando direttamente team di Formula Uno, rally e quant’altro, tutte attività molto redditizie per le case che operano questo tipo di promozioni.

Nel campionato automobilistico più importante del mondo, la Formula Uno, esiste però una particolare eccezione oltre alla arcinota Benetton inglese: si tratta di un marchio italiano noto per i suoi jeans e per il suo simbolo, un levriero, che fattura ogni anno circa 150 milioni di Euro stando agli ultimi dati diffusi dalla stampa specializzata. Abbastanza soldi per aprire un paddock di Formula Uno insomma!

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Un articolo di giornale dell’epoca sulla scottante notizia (Pinterest)

Alta moda, alte aspettative

Negli anni ottanta in seguito all’ingresso della inglese Benetton in Formula Uno, un’altra marca di abbigliamento italiana si mosse in questo senso: si tratta di Trussardi, grande ditta bergamasca nata nel 1911 come produttrice di guanti in pelle che nel tempo si è specializzata anche in abbigliamento – specialmente jeans – orologi e piccola pelletteria.

La casa di moda italiana decise nel 1987 di inserirsi nel circolo automobilistico più importante al mondo. Piccolo problema, la casa di moda non aveva mai prodotto una monoposto prima. Si rivolse proprio a Benetton, trattando l’acquisto di una monoposto da aggiornare ma ancora competitiva, la B186 con motore BMW approntata dalla Middlebridge. L’operazione viene preparata con cura e quell’anno, Trussardi fa un annuncio: il suo team correrà nelle ultime sette gare del campionato.

Il levriero azzoppato

Soprattutto nel nostro paese l’annuncio di Trussardi venne accolto con notevole entusiasmo: il marchio aveva la sua scuderia, la sua monoposto ed un pilota, Emanuele Pirro, oltre al classico Levriero che sponsorizzava interamente. la vettura di cui esiste solo una foto dell’epoca. L’auto è competitiva e pronta a partire all’undicesima gara di stagione, il Gran Premio di Monza…ma un errore madornale di Trussardi e Middlebridge rovina il debutto della scuderia.

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La sola foto esistente della Benetton B186 di Trussardi… (Facebook)

Il regolamento della FIA ideato da Bernie Ecclestone proibisce tassativamente l’iscrizione di una monoposto prodotta da un team ma schierata da un altro. Questo perchè in quegli anni, molti team “minori” compravano auto di seconda mano iscrivendole con un altro nome rendendo il campionato poco competitivo. In qualche modo, i vertici di Trussardi non si erano mai posti questo problema, vedendo l’auto squalificata ancora prima di mettere una ruota in pista.

Il clamoroso svarione del marchio rovina di fatto la stagione al Team Trussardi che è pronto per correre, ha tutte le carte in regola ma non ha l’auto adatta. Alla fine, nonostante discussioni e trattative, la FIA pone un categorico veto al paddock italiano che non potrà correre finché non avrà una monoposto costruita da zero. Essendo l’operazione troppo costosa, Trussardi esce di scena. Chissà cosa avrebbero potuto fare se li avessero lasciati gareggiare…o se avessero letto meglio il regolamento!

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