Buone notizie per l’imprenditoria italiana. Un nostro marchio attivo nell’automotive ha segnato il record di ricavi.
Sono ormai anni che le aziende del Bel Paese soffrono e molte di esse, nel corso del tempo, a ragione o a torto, hanno deciso di delocalizzare, o addirittura di vendere per non arrivare al fallimento. Ma siccome non può essere sempre tutto negativo, in mezzo a queste storie di triste e allarmante decadimento, qualche bella e rincuorante vicenda di tanto in tanto fa capolino. E una ve la andremo a raccontare tra poco. 
Prima di cominciare diciamo soltanto che se nel 2015 la compagnia in questione era sull’orlo del baratro e con solamente sei dipendenti rimasti, le prospettive per fine 2023 sono di ben 660 persone. Una vera e propria rinascita che ha radici lontane.
Dalle stalle alle stelle, così un’azienda italiana è tornata a brillare
Fondata nel 1968 a Barzago, la Fantic Motor si occupa di moto e bici elettriche. Tutto sembra andare bene, finché nel 1995 la fabbrica chiude. Nel 2003 viene rilevata dal manager di Treviso Federico Fregnan, che nel 2005 ne fa ripartire le linee. Nel 2014 ci sarà ancora un passaggio di mano.
Questa volta ad intervenire è la VeNetWork, creata da un gruppo di imprenditori veneti esperti di due ruote. La risalita è lenta e non priva di complessità. Nel 2016 si fa notare all’EICMA con la nuova Caballero, mentre tra il 2020 e il 2022 segna tre importanti successi, come l’acquisto della Motori Minarelli dalle mani della Yamaha e della Bottecchia Cicli, oltre che la partecipazione alla Dakar.
Proprio l’ampliamento verso l’off-road si rivelerà vincente, assieme alla costante ricerca della massima qualità. Lo scorso anno i ricavi hanno quasi raggiunto i 180 milioni di euro e4 per il 2025 il piano è di toccare il mezzo milione.
A fronte di tale successo molti sono stati gli investimenti strutturali. Nel 2022 è stato inaugurato uno spazio da oltre 5mila metri quadri dedicato alle sole biciclette, mentre nei mesi scorsi ne è stato aggiunto un altro da 7mila metri dedicati alle ebike e ai ricambi, a cui si sommano i 30mila metri degli edifici ex Minarelli, oggi adibiti alla realizzazione dei propulsori e all’assemblaggio.
In Veneto, dove si trova la sede centrale, sono invece state allargate le strutture per lavorare sui veicoli da gara e per la ricerca. Dunque, mentre tanti scelgono di fare le valigie, qualcuno decide di rimanere e di ingrandirsi. 
Il programma è sicuramente ambizioso. Si parla infatti di ulteriori 60 milioni da mettere sul piatto per il prossimo triennio e di creare un distaccamento asiatico, per attirare la clientela locale bypassando le criticità proposte dai dazi che, attualmente, sono fissati al 40%.
Campanello di allarme per l’ennesima fuga? I vertici assicurano di no e che ciò che è stato pensato per il Vecchio Continente, continuerà ad avere un cuore europeo e tricolore nello specifico, tanto che si starebbe già tastando il terreno per avviare nuove collaborazioni interne ai nostri confini, ma non solo. Nella mente della dirigenza ci sarebbe pure la quotazione in Borsa. Ma non sempre volere è potere. La parola definitiva spetterà ai soci.