Tra strette di mano e truffe: storia di un fallimento italiano in F1

Oggi parliamo di una storia romantica quanto interessante e sconosciuta, quella di un team italiano che inizio la sua scalata al successo in Formula Uno in modo intrigante…finendo però per commettere troppe ingenuità.

La storia della Formula Uno è piena di team famosi di successo: squadre come la Lotus, Williams, Ferrari, Mercedes o McLaren sono tutte famosissime nella cultura popolare oltre che tra gli appassionati di motori…ma che ne è di quei team che non hanno tutta questa fortuna e finiscono per fallire clamorosamente sotto tutti gli aspetti?

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Storia di un sogno (Fuoristrada.it)

La storia del Team Forti è forse l’ultima delle favole in un mondo della F1 divenuto sempre meno romantico e sempre più legato ai soldi e al business. Ecco in che modo hanno fatto sognare centinaia di appassionati prima di svanire nell’oblio ma non senza lasciare una grande storia da raccontare ai posteri.

Migliore tra i peggiori

La storia della Formula Uno è piena di team che non ce l’hanno fatta, squadre che magari avevano pure i numeri per sfondare ma non sono riuscite a fare il colpaccio per una serie di ragioni, spesso prettamente economiche. La squadra Forti non ha nulla a che fare con questi fiaschi: il team infatti si presentava con basi finanziarie importanti, sponsor solidi e ottimi motori.

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Una squadra organizzata come la Forti meritava di meglio (Fuoristrada.it)

In effetti a mettere fine alla favola di questa squadra italiana fondata nel 1977 dall’imprenditore Guido Forti e capace di vincere il titolo di Formula 2000 all’esordio non furono tanto i problemi economici da soli quanto qualche ingenuità commessa dai dirigenti del marchio ma soprattutto una enorme sfortuna. Ecco quali sono le circostanze che hanno portato al crollo della promettente squadra.

Dalle stelle alle stalle 

Dopo una ventina di anni circa di gavetta nelle serie minori la squadra italiana tentò il grande salto in Formula Uno con solide basi economiche per l’epoca: la squadra infatti poteva contare su un fondo iniziale di ben 7,5 milioni di Sterline che non era certo male per iniziare nella serie più alta del motorsport mondiale. Con i piloti Pedro Diniz e Roberto Moreno insomma la squadra italiana sembrava pronta a fare molto ben nel campionato.

C’è una cosa interessante da sapere però su Forti: l’imprenditore a quanto si dice credeva molto nella parola prima che nei soldi e per questa ragione, i suoi rapporti con sponsor, piloti e collaboratori raramente erano vincolati da contratti severi come quelli che vengono firmati ad oggi. In poche parole, nel caso un collaboratore del marchio si tirasse indietro, poteva farlo senza gravi conseguenze legali e questo come stiamo per scoprire sarà un disastro per il team italiano.

Due anni da incubo

L’esordio nella massima serie avvenne al GP di Brasile con le monoposto FG01-95 allestite in grande stile: pensate che la Forti poteva vantare lo sponsor della Parmalat sulle carrozzerie anche se per un errore di montaggio durante la prima gara il telaio permetteva di leggere solo una triste scritta “Parnat”. Forse un preludio di quello che sarebbe accaduto di lì a poco?

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Una foto d’epoca della squadra in assetto da gara (Fuoristrada.it)

Complice l’utilizzo di tecnologie obsolete come la mancata adozione di un cambio automatico e prese d’aria laterali che contribuivano al depotenziamento del motore, le vetture della Forti non incisero particolarmente sul campionato portando a casa un mesto settimo posto all’ultima gara della stagione come miglior risultato. Il team tornò l’anno successivo ma molti degli sponsor, complici gli accordi non vincolanti con Forti dell’anno prima, si ritirarono dagli accordi presi.

Nel 1996 la scuderia italiana si iscrisse dunque al mondiale con la fosca prospettiva di un fallimento economico qualora non avesse trovato sufficienti fondi magari portati da un investitore straniero: i piloti paganti che si proposero per il team vennero rifiutati dai soci di Guido Forti mentre lo stesso fondatore del marchio fu vittima di una delle peggiori truffe della storia del motorsport.

Avvicinato da una presunta azienda irlandese in cerca di nomi su cui investire in Formula Uno, la Shannon, l’imprenditore vendette il 51% delle azioni della scuderia a degli affaristi che si rivelarono poco più che truffatori condannando la squadra al fallimento anche in mancanza di un contratto regolamentare che potesse trascinarli in tribunale. Finisce così in modo triste la storia di uno degli ultimi team privati in Formula Uno: erano altri tempi.

 

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