Il “Duetto” giapponese che non si era mai visto: un modello classico amatissimo da tutti

L’Alfa Romeo, ben prima della crisi e del lancio dei SUV, era un punto di riferimento per la sportività Made in Italy. Ecco come in Giappone provarono a copiare il mitico Duetto.

Tra le vetture più iconiche dell’industria dell’Automotive italiana non possiamo non citare il Duetto dell’Alfa Romeo. La Spider è stata, per quasi 30 anni, una vettura simbolo della casa di Arese. Il lancio delle vettura avvenne nella kermesse di Ginevra, lasciando tutti senza fiato per le linee eleganti e classiche che fecero innamorare, in tre decadi, milioni di fan.

Il "Duetto" giapponese che non si era mai visto: un modello classico amatissimo da tutti
Duetto giapponese – Fuoristrada.it

Il brand del Biscione riuscì a rendere popolare l’auto quasi quanto al Giulia degli anni ’60. L’Alfa Romeo scommise su una linea che sarebbe dovuta durare nel tempo. Il Duetto piacque sia ai giovani che agli adulti per le sue linee da sportiva autentica con quel tocco retrò. La vettura era larga, bassa e stretta, caratterizzata da un cofano anteriore lunghissimo.

Il look ancora oggi risulta elegantissimo, ma ciò che lascia senza fiato è la capacità di sapersi distinguere dalla massa. In un mondo che oggi si somiglia sempre più, la vettura, prodotta dal 1966 al 1994, si venderebbe ancora oggi se fosse aggiornata. L’Alfa ha deciso poi di intraprendere una strada diversa, puntando su comodi SUV e lasciando nella gamma solo una berlina pepata, ovvero la Giulia Quadrifoglio.

Gli appassionati del Biscione si sono innamorati della sportività con un altro genere di vetture. Jean-Philippe Imparato, amministratore delegato di Alfa Romeo, ha annunciato che il Biscione ha in cantiere altri progetti top come la nuova 33 Stradale. C’è attesa anche per rivedere una vettura Alfetta coupé con coda tronca. Ecco come potrebbe essere.

La versione giapponese del Duetto

La Mazda, da sempre affascinata dai modelli inglesi ed italiani, produsse quattro vetture, realizzate a partire dal 1967 fino al settembre 1995, chiamate Cosmo. Pur condividendo lo stesso nome le auto non erano particolarmente collegate tra di loro se non per il leggendario motore rotativo Wankel. La più interessante era il modello GT.

Svelata come concept-car al salone di Tokyo del 1964 le Cosmo erano costruite completamente a mano al ritmo di una al giorno. Dopo aver sperimentato positivamente l’auto, la produzione cominciò nel 1967 con la I Serie per chiudersi nel 1972 con la II Serie. La prima serie totalizzò 343 esemplari prodotti tra il maggio 1967 e il luglio 1968 e usava il motore Wankel 0810 a doppio rotore.

La cilindrata era di appena 998 cm³ e la potenza dell’ordine dei 110 CV (82 kW) ma la vettura era leggerissima. Presentava un carburatore Hitachi a quadricorpo e di un sistema di accensione che usava due candele per camera e una doppia distribuzione. Era dotata di un cambio a quattro rapporti e ruote da 14 pollici. La velocità massima era di 185 km/h.

Date una occhiata a tutti i dettagli nel video postato su YouTube Lets Drive it. Le sospensioni anteriori erano del tipo a ruote indipendenti dotate di molle elicoidali e di barra antirollio. Per le sospensioni posteriori venne scelto il ponte rigido tipo DeDion caratterizzato da balestre semiellittiche e braccetti di rinforzo. I freni anteriori erano a disco da 254 mm senza servoassistenza, al posteriore erano montati dei tamburo da 200 mm. Con la seconda serie le prestazioni erano più brillanti. La top speed salì a 193 km/h, mentre sui 400 metri la Cosmo registrava un tempo di 15,8 secondi.

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