Futuristica ma incompresa: il modello italiano che ci siamo dimenticati…

Uno dei modelli che avrebbe meritato ben altra attenzione è finito per essere dimenticato. In pochi lo conoscono.

Il mondo motoristico internazionale è fatto di scommesse. Essendo un oceano pieno di squali, infatti, anche le grandi aziende sono chiamate a rischiare. E a farlo affidandosi ad innovazioni discutibili, idee ambigue e anche ad un po’ di fortuna. Non è un segreto, dopotutto, che per compiere grandi cose sia necessario rischiare qualcosa.

Futuristica ma incompresa: il modello italiano che ci siamo dimenticati...
Aprilia – Fuoristrada.it

E siccome anche nelle migliori torte è difficile realizzare tutto perfetto, vale anche per un settore vasto come quello legato ai mezzi di trasporto. A volte va bene, altre male.

Ad una società in particolare non è sicuramente andata benissimo. Tanti appassionati avranno dimenticato questo particolare dettaglio legato ad un modello italiano tutt’altro che glorioso, ragion per cui all’interno di questo articolo vogliamo ricordare ciò che fu e soprattutto quel che purtroppo non riuscì minimamente ad essere.

Questo modello non è stato capito: di cosa si tratta

Il mezzo di cui vi stiamo parlando è una motocicletta e si chiama Aprilia RST1000 Futura. Un mezzo nato dalla volontà dell’Aprilia, alla fine degli anni novanta, di sorprendere l’intero settore motociclistico. E di farlo dando vita ad una due ruote moderna, turistica e ad alte prestazioni. Le premesse erano davvero notevoli, così come le ambizioni della casa costruttrice di Noale. Venne presentata al Motorshow di Bologna del 2000. Era caratterizzata da un grande ed avvolgente sellino posteriore. Già a partire da quel momento, però, in molti apprezzarono davvero poco quanto realizzato con la Futura.

E infatti il team di progettazione rivide completamente quella motocicletta tanto ambigua e decisamente poco capita. Pur essendo rivista, comunque, cambiò poco. E’ una storia tragi-comica questa, perché – stando a chi l’ha provata – la Futura era tutto tranne che un delitto costruttivo. La figlia di casa Aprilia andava benissimo su strada. Il motore da 116 CV risultava fortemente divertente ed eccitante da dominare su quella moto tanto criticata. Il problema, se proprio vogliamo, c’era ed era stilistico. Il design, a quanto pare, non c’entrava niente con le richieste del mercato e le esigenze della clientela dell’epoca.

In Aprilia ebbero una concezione di motocicletta che era ancora troppo lontana e astratta rispetto ad un settore che andava più veloce con le mani che con la mente. Ci riferiamo in particolar modo alle linee spigolose e alla strumentazione a cristalli liquidi della Marelli. Il prezzo di 22 milioni di lire, poi, era tutt’altro che accessibile a chiunque. La Futura rimase sul mercato per tre anni pagando l’epoca di riferimento e la concorrenza di Honda e Suzuki, decisamente più incentrate sul presente che concentrate a costruire il futuro delle due ruote.

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