Vi sono realtà aziendali che stanno finendo in bancarotta a causa della crisi dei player principali del mercato come Stellantis.
Troppo spesso ci troviamo a raccontare storie di aziende ma senza un lieto fine, quando poi quelle aziende sono italiane lo facciamo sempre con un grande dispiacere. Il mondo dell’automobile sta attraversando un periodo di grande confusione, si legge spesso la parola transizione, dove si archivia il vecchio a favore del nuovo, ma non senza traumi e feriti.
Storie di aziende, che sono storie di uomini, vite legate inesorabilmente alle sorti o alle capacità di questo o quell’imprenditore. Il Gruppo Stellantis è sotto i riflettori negli ultimi due anni non solo per i veicoli in produzione ma a causa della crisi che sta attraversando che sembra non arrestarsi.
Dazi imposti dalla politica, una fiscalità stringente, lotte intestine, transizione ecologica, espansione del mercato dell’automobile asiatico, sono solo alcune delle problematiche che attanagliano e mordono il colosso nato dalla fusione tra FCA e PSA. C’è chi al Gruppo è legato per ragioni aziendali come i dipendenti della VM Motori S.p.A, un’importante realtà aziendale motoristica italiana sita a Cento, in provincia di Ferrara, operante dal 1947. I lavoratori si occupano della creazione di motori diesel e fa parte del Gruppo Stellantis, oramai sempre più proiettato all’ibrido e all’elettrico.
I problemi della VM Motori
La società nasce a Cento nel 1947 ad opera di due imprenditori locali, Claudio Vancini e Ugo Martelli; dalle iniziali dei loro cognomi deriva la sigla VM. L’azienda acquisisce fama ed importanza non solo territoriale ma anche nazionale. Nel 1979 la VM Motori svelò al Salone dell’Auto di Francoforte la prima auto dotata di un motore diesel realizzato nello stabilimento di Cento, ossia un’Alfa Romeo Alfetta. Nel 1978 l’EFIM, che nel 1975 aveva assunto il controllo della Ducati cedette la casa motociclistica bolognese alla VM Motori e questo, unito alle difficoltà sul mercato patite dalla Casa per mano delle Case giapponesi videro la Ducati concentrarsi sulla produzione di motori diesel per conto della controllante e a toglier le moto dalla lista delle priorità.
Nel 1979 Finmeccanica diede vita al raggruppamento diesel che affiancava la Ducati alla VM di Cento e di Trieste, la Isotta Fraschini di Bari e di Saronno e il Centro esperienze studi impiego diesel (Cesid) con una produzione motoristica diversificata. Parecchie case automobilistiche nel corso degli anni si sono approvvigionate dalla VM per ottenere propulsori diesel; si possono citare tra gli altri Alfa Romeo, Toyota, Opel, Rover, Chrysler, Jeep, Ford, Dodge e General Motors. Oggi il futuro dell’azienda è legato a filo doppio a Stellantis che non naviga in buone acque, ma soprattutto sta pensionando il termico a favore di nuovi motori ibridi ed elettrici.