Come fanno mille auto a trasferirsi nottetempo dall’Europa alla Corea? Ecco la storia del più strano furto della storia dell’automotive.
Tutto è successo ventotto anni fa, protagonista è un giornalista americano, tale Urban Lehner, inviato dal Wall Street Journal in Nord Corea, precisamente a Pyongyan. Si trova al volante di una Volvo 144. Ce ne sono diverse in giro e il reporter si chiede come mai, o meglio, come abbiano fatto ad arrivare certe auto in un Paese con un regime tanto autoritario e chiuso nei confronti dei beni esteri.
La risposta la otterrà in seguito, chiedendo a chi si trovava sul luogo da più tempo. Colleghi che a loro volta avevano raccolto voci ed indiscrezioni.
Allora si diceva che il governo nord coreano avesse imbrogliato Volvo, ordinando delle macchine senza pagarle. Ma analizziamo al vicenda dall’altra prospettiva, quella svedese.
Decisa ad aprirsi a nuovi mercati la nazione scandinava negli anni ’70, individuò nel Nord Corea una strada interessante e trattandosi di un mercato emergente, l’idea era di farsi conoscere, ma anche di guadagnare parecchio.
Agevolata dal lavoro diplomatico del Ministero degli Esteri, che accettò di inviare in loco un suo emissario, il produttore preparò un carico navale da 1000 unità, per un valore di 70 milioni di dollari.
La collaborazione fu talmente fruttuosa da andare ben oltre i confini dell’automotive, basti pensare che nel 1975 la Svezia era l’unico Paese del Vecchio Continente ad avere una propria ambasciata a Pyongyan.
Erik Cornell, diplomatico svedese in pensione oggi 87enne, ricorda il suo arrivo in Nord Corea in quell’anno. “Non c’era nulla, solo neve, vento e freddo“, le sue parole riportate da npr.org. “Se si voleva andare al ristorante o in un bar non si poteva, in quanto non c’erano. L’unica scappatoia era girare in auto“.
Tutto dunque, malgrado le difficoltà del posto, sembrava andare alla grande, ma all’improvviso di fu uno stop. Il commercio con l’Occidente non poteva proseguire in quanto l’esecutivo asiatico si era “dimenticato” di versare il denaro in cambio dei beni acquistati. Ogni scadenza finì per per rimanere inevasa, i debiti cominciarono a crescere, così come i tassi d’interesse.
Cos’era successo? Semplicemente i coreani avevano fatto il passo più lungo della gamba, quindi non potevano permettersi quella spesa. Abituati a contrattare soltanto con il blocco comunista, avevano perso di vista il vero funzionamento del mercato globale.
Il risultato fu che il magazzino con tutte le autovetture venne abbandonato e tutt’ora le mille Volvo giacciono lì, ormai danneggiate dal tempo e dalla mancanza di manutenzione, senza essere state pagate.
Stando a quanto riportato dall’Agenzia di Credito dell’Export Svedese, il debito accumulato avrebbe raggiunto la cifra record di 322 milioni di dollari.
Uno potrebbe pensare che, alla luce del tanto tempo trascorso, gli scandinavi se ne siano fatti una ragione, dimenticandosi di quel carico di quattro ruote. Macché. Due volte all’anno in Asia viene recapitata una comunicazione che ricorda la presenza di un saldo da completare ed è quasi superfluo aggiungere che puntualmente le richiesta resti inevasa e che mai venga data una risposta sulla fine di questa lunghissima storia.
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