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Lewis Hamilton, punizione pesantissima per la leggenda della F1: le motivazioni della sentenza

Essere popolare non significa certamente sentirsi liberi di poter dire di tutto riguardo a una persona, nemmeno se si tratta di qualcuno di celebre. Uno dei piloti più importanti della Formula Uno lo sta verificando personalmente dopo avere rivolto offese pesanti a Lewis Hamilton.

Essere competitivi in un ambiente complesso come quello della Formula Uno non è mai semplice ed è proprio per questo che riuscire a conquistare un titolo mondiale non può mai essere frutto del caso. A maggior ragione se il palmares comprende ben sette campionati vinti, cosa che è finora riuscita solo a pochi. Gli appassionati non possono che collegare questo numero a Michael Schumacher, che è stato eguagliato però recentemente da un altro grandissimo come Lewis Hamilton.

Hamilton fuoristrada.it

Il britannico avrebbe però la possibilità di superare il tedesco e vorrebbe certamente farlo prima di appendere il casco al chiodo, nonostante ora debba vedersela con uno che non è disposto a fare sconti come Max Verstappen. Avere successo non significa però essere apprezzato da tutti, anzi c’è stato chi non ha esitato a insultare anche pesantemente il pilota della Mercedes.

Critiche sì ma insulti no: cosa è accaduto a Lewis Hamilton

Non amare un pilota, magari per uno stile di guida non sempre fluido, può essere certamente più che naturale. E si tratta di una situazione che possono vivere sia gli addetti ai lavori sia anche solo semplici appassionati. Questo non deve però portare a sentirsi autorizzati ad arrivare a offendere o addirittura insultare chi non si apprezza.

Purtroppo però il fenomeno degi haters, ovvero quegli utenti che si sentono autorizzati a dire la loro in modo negativo solo perché protetti da uno schermo di un computer o di un telefono, è ancora oggi diffusissimo. Non tutti accettano però di buon grado e c’è chi arriva anche a intentare una causa contro chi si macchia di questo comportamento.

Ed è quello che è successo, almeno indirettamente, a Lewis Hamilton, oggetto di parole pesanti anche relative al colore della sua pelle che non possono che averlo ferito. In più occasioni il sette volte campione del mondo, infatti, si è fatto portavoce di campagne contro il razzismo, problema tuttora presente nella nostra società. Questa volta, però, la situazione appare ancora più grave perché ad averlo deriso è stato un ex protagonista del Circus.

A volte le parole costano caro

I fatti risalgono al 2021, anno in cui Nelson Piquet aveva rilasciato un’intervista al canale YouTube Enerto: in quell’occasione lui aveva criticato pesantemente Hamilton per la sua condotta, a suo dire inqualificabile. Il britannico, infatti, era stato accusato dal brasiliano di avere fatto il possibile per escludere dalla gara Max Verstappen nel GP di Gran Bretagna. Non solo, lo aveva anche apostrofato con il termine di “ne***etto”, insultandolo così per il colore della sua pelle.

Nelson PIquet paga gli insulti a Lewis Hamilton – Foto | Fuoristrada.it

Ad aggravare ulteriormente la posizione del brasiliano c’era un altro precedente scomodo: nel 2016 aveva usato parole omofobe per criticarlo per la sconfitta contro Rosberg. Non è stato però Lewis a chiedere giustizia per l’accaduto, ma tre parlamentari, a cui si sono aggiunti Educafro, Centro Santo Dias, Aliança Nacional LGBTI+ e la Asociación Brasileña de Familias Homotransafectivas, quattro associazioni impegnate nella lotta contro la discriminazione.

Da allora sono partite le indagini della Magistratura, che voleva far luce sulla vicenda. E ora è arrivata la sentenza: Piquet dovrà pagare una multa pari a 5 milioni di reais brasiliani, l’equivalente di 800.000 euro. In realtà, si tratta di una decisione che ha soprattutto valore simbolico, come sottolineato dal giudice Pedro Matos de Arrud: “Si spera che la società un giorno possa essere ibera dagli atti perniciosi che sono il razzismo e l’omofobia. L’importo del risarcimento è inferiore alle richieste dell’accusa, ma perché si vuole apprezzare la funzione riparatoria della responsabilità civile, ma anche quella punitiva”.

 

 

Ilaria Macchi

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