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Cosa succede dopo un incidente di Formula Uno? Ecco cosa non ti dicono in televisione

Ogni anno avvengono decine di incidenti in Formula Uno, circuito di corse più importante del mondo con un tasso di mortalità del 3%: se negli anni le piste sono diventate sempre più sicure, è merito dei soccorsi.

Alcuni sport sono più pericolosi di altri e, sfortunatamente, le gare con auto o moto capaci di superare i 300 chilometri orari sono tra le competizioni più rischiose che un atleta possa scegliere di correre.

Incidente in Formula 1, cosa succede dopo | Web Source

Negli anni comunque il personale che soccorre i piloti nel caso malaugurato di un incidente ha imparato una tecnica precisa per prestare aiuto ad eventuali feriti che ha ridotto drasticamente il numero di lesioni gravi.

Uno sport sempre più sicuro

Tanti anni fa, i piloti di Formula Uno erano visti come dei veri pazzi per un motivo molto semplice: non esistevano i sistemi di sicurezza che tutte le maggiori scuderie montano oggi di default come l’HALO o le speciali tute che rendono i piloti molto più sicuri in caso di uno scontro. Salire in una monoposto negli anni settanta o ottanta significava accettare una sensibile percentuale di rischio di non tornare a casa.

Un incidente che per fortuna non ha avuto gravi conseguenze (Daily.UK)

Se oggi i piloti hanno un margine bassissimo di rischi in pista – un incidente fatale si verifica circa nel 3% dei casisecondo le statistiche ufficiali – è anche merito delle nuove tecnologie che permettono agli atleti di salvarsi da scontri che in passato li avrebbero potuti uccidere. Abbiamo detto anche, non solo. Pure gli sforzi del personale di sicurezza che orbita attorno ai paddock sono fondamentali per ridurre le lesioni gravi.

Una procedura comune

Di recente in un’intervista Martin Hunt, coordinatore dei soccorsi in pista in molti eventi ufficiali della Formula Uno, ha spiegato quali passi i soccorritori devono seguire quando un pilota incontra un grave incidente. La prima cosa è accertarsi dello stato di coscienza del pilota: per capire se l’impatto lo ha lasciato in stato di shock o addirittura ferito gravemente, i soccorritori chiedono all’atleta di togliersi il casco ed i guanti.

Se il pilota è in grado di farlo, è probabile che stia bene: “E’ molto meglio se lo fanno da soli, piuttosto che se lo facciamo noi”, spiega Hunt che svela anche un interessante retroscena poco noto. I sedili stessi delle monoposto sono forniti di lacci per diventare all’occorrenza delle vere barelle: “Servono quattro persone per sollevarlo anche se da quando c’è il sistema HALO le cose sono un po’ più complicate”.

Intervento medico

Solo a questo punto, intervengono i responsabili che devono pulire il circuito o l’area immediatamente antistante dai rottami dell’auto che se possibile, viene riparata. Nel frattempo naturalmente la Safety Car si muove lungo la pista per dare tempo ai soccorritori di portare a termine il loro compito ed il pilota viene condotto in infermeria per gli accertamenti del caso.

Il famoso incidente di Niki Lauda: in questo caso, fu un altro pilota a salvarlo dall’incendio (QG England)

Un intervento rapido può fare la differenza tra la vita e la morte di un pilota nei casi più estremi come quello di Niki Lauda del 1976, salvato dal collega Arturo Merzario che lo trasse fuori dall’abitacolo rischiando gravi ustioni, salvandolo. Altre volte i piloti stanno benissimo e lo dimostrano, uscendo dall’auto per scazzottarsi! In quel caso, i soccorritori devono solo dividerli!

Roberto Torcolacci

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